Simbolo universale di unione e collegamento tra l’uomo e la città, i ponti hanno rappresentato, e ancora rappresentano, nella storia di Roma, un fondamentale e potente mezzo strategico per gli spostamenti, le relazioni e i commerci.
Lungo il Tevere, fiume con cui la Capitale e i suoi cittadini intrattengono da sempre un rapporto simbiotico, se ne contano decine che, oltre a essere il trait d’union tra le sue sponde, sono splendide creazioni dell’ingegno umano e una delle maggiori attrazioni della Città Eterna.
In un mix di architetture antiche, con strutture ancora percorribili dopo millenni, e ardite visioni contemporanee, i ponti di Roma ci regalano scorci di irripetibile bellezza e itinerari di visita inconsueti, dove storia, natura e romanticismo si fondono in ricordi indimenticabili, tutti da raccontare.
Quali tra i ponti che attraversano il Tevere esprimono maggiormente l’identità della città più amata del mondo? Scopriamolo insieme.
#1 Il più “vecchio”: Ponte Fabricio
Insieme a Ponte Cestio, l’antichissimo Ponte Fabricio collega l’Isola Tiberina alla sponda sinistra del Tevere, più precisamente, l'Antico Ghetto ebraico con il caratteristico Rione Trastevere.
Sebbene risalga al 62 a.C., è il ponte romano meglio conservato e il più antico ancora in uso. Secondo quanto racconta lo storico Tito Livio, fu edificato per sostituire un ponte in legno già esistente nel 192 a.C.
Quattro iscrizioni a caratteri cubitali incise sulle sue arcate ci hanno tramandato anche il nome del suo costruttore: Lucius Fabricius, all’epoca curator viarum, addetto cioè alla cura e all’amministrazione delle strade.
In seguito a due piene del Tevere, fu restaurato da Marco Lollio e Quinto Lepido nel I secolo a.C., come attesta una piccola iscrizione. Il poeta Orazio, invece, lo ricorda come il luogo da cui spesso si gettavano nel fiume le persone prese da disperazione.
Ponte Fabricio è noto anche come Ponte dei Quattro Capi per la presenza, sul parapetto, di alcune erme quadrifronti che sarebbero lì in ricordo dei quattro architetti incaricati da papa Sisto V di restaurare il ponte. Secondo una leggenda popolare, i quattro tecnici entrarono in conflitto tra loro per futili motivi e alla fine dei lavori il pontefice li fece decapitare sul posto. Il monumento a quattro teste, scolpito in un unico blocco di marmo, li obbliga, da allora, a un eterno contatto. Una delle erme è riprodotta nella vicina fontana-monumento dedicata a Giuseppe Gioacchino Belli che mostra il poeta appoggiato al parapetto del ponte.
Quando, durante il Medioevo, la comunità ebraica occupò la zona sulla sinistra del Tevere, il ponte fu detto anche Pons Judaeorum, dei Giudei.
A guardia del ponte si erge la Torre detta della “Pulzella” per la piccola testa femminile in marmo, incastonata nella muratura. La leggenda narra che l’affascinante volto scolpito ritraesse una giovane nobildonna vissuta nel 1350, rinchiusa nella torre per essersi rifiutata di sposare un aristocratico scelto dalla sua famiglia, nell’inutile attesa del ritorno dell’amato dalla guerra. La scultura è in realtà databile all’epoca romana, anche se, con lo sguardo "di pietra" rivolto al ponte, sembra sfidare chi passa a scoprire l’identità che si cela dietro l’enigmatico volto eroso dal tempo.
#2 Il più “nottambulo”: Ponte Milvio
Situato nel quartiere Flaminio, nel quadrante nord della città, insieme a Ponte Fabricio, Ponte Milvio è tra i ponti più antichi di Roma, luogo di ritrovo di giovani romani e turisti che la sera amano incontrarsi nei locali e ristoranti più trendy della zona.
Costruito nel 109 a.C., ha sempre ricoperto un ruolo determinante, in virtù della sua posizione strategica. Nei secoli, infatti, il ponte e le aree circostanti sono teatro di aspre battaglie come quella decisiva del 312 d.C. tra Costantino e Massenzio finita con Costantino incoronato unico sovrano dell’Impero d’Occidente e quella del 1849, durante la quale Garibaldi e i suoi ne fanno saltare una parte per rallentare l’avanzata dei francesi verso Roma.
Chiamato in origine "Mulvius", nel Medioevo fu denominato "Mollo” forse a causa del crollo di un'arcata centrale e della successiva collocazione temporanea di una passerella di legno che oscillava al passaggio dei pedoni.
Nel 1805, il grande architetto Giuseppe Valadier ne progetta il riassetto, sostituendo i ponti levatoi in corrispondenza di piazzale di Ponte Milvio con una porta fortificata in stile neoclassico, oggi nota come Torretta Valadier. Il lato opposto del ponte è invece ornato con le statue marmoree San Giovanni Nepomuceno di Agostino Cornacchini del 1731 e dell’Immacolata di Domenico Pigiani del 1840.
Da allora, il ponte ha subito diversi rimaneggiamenti fino ad assumere la sua funzione attuale di passaggio pedonale. Verso sera, una suggestiva illuminazione artistica esalta scenograficamente le forme e la splendida architettura del ponte e della torretta.
#3 Il più affascinante: Ponte Sant'Angelo
La storia di questo magnifico ponte, che collega il Mausoleo di Adriano con il Vaticano, si lega a vicende, alcune curiose altre tristi, accadute nel corso dei secoli.
Una interessante ce la racconta Dante in qualità di pellegrino e testimone del primo Giubileo della storia, nel XVIII canto dell’Inferno della Divina Commedia: “…come i Roman per l’essercito molto, / l’anno del giubileo, su per lo ponte / hanno a passar la gente modo colto, / che da l’un lato tutti hanno la fronte / verso ’l castello e vanno a Santo Pietro; / da l’altra vanno verso il monte…”.
Nell'Anno Santo 1450, invece, a causa di un incidente provocato dalla mula bianca che trasportava Papa Niccolò V, si ruppero i parapetti e centinaia di persone morirono annegate.
Tra il 1488 e il 1534, l’area intorno al ponte voluto dall’imperatore Adriano viene destinata all'esposizione dei cadaveri delle persone giustiziate, tanto da dare vita al proverbio “Ce sò più teste mozze su le spallette che meloni al mercato”.
La caratteristica più suggestiva di Ponte Sant’Angelo sono le statue dei bellissimi angeli che ne ornano i parapetti, disegnate dal geniale Gian Lorenzo Bernini, che scolpì le due oggi custodite nella Basilica di Sant’Andrea delle Fratte, e realizzate dai suo allievi.
Poco prima del sorgere del sole, lungo il ponte potreste imbattervi in un inquietante personaggio avvolto in un manto scarlatto. È Giovanni Battista Bugatti, il leggendario Mastro Titta, il boia più famoso di Roma.
Si racconta che il suo fantasma ami percorrere Ponte Sant'Angelo, uno dei luoghi in cui giustiziò alcuni degli oltre 500 condannati a morte della sua lunga carriera, e offrire una presa di tabacco da masticare a chiunque incontri durante le sue passeggiate.
#4 Il più “sventurato”: Ponte Emilio
Oggi è conosciuto come “Ponte Rotto”, ma il grande rudere dall’aspetto decadente e poetico che emerge dalle acque del Tevere, a poca distanza dall’Isola Tiberina, è in realtà ciò che resta dell’antico Pons Aemilius, il primo ponte in muratura di cui si dotò Roma e forse il più lungo dell’antichità.
Nel corso dei secoli, il suo nome muta più volte: ponte Massimo, quando Augusto Pontefice Massimo ne ordina il rifacimento, ponte di Santa Maria, quando il Tempio di Portunus viene trasformato nella chiesa di Santa Maria Egiziaca e Pons Senatorium, quando nel 1144, probabilmente, i Senatori, la più alta carica amministrativa cittadina, ne dispongono il restauro.
Riveste una grandissima rilevanza strategica perché collega le due rive del Tevere, favorendo gli scambi commerciali tra la città e i mercanti che arrivavano a Roma per vendere le proprie merci e permette di raggiungere facilmente i tre luoghi più importanti dell’Urbe: il Campidoglio, il Foro e il Circo Massimo.
La sua vicenda, però, è alquanto travagliata.
Forse perché posto in un punto sfortunato del fiume, obliquamente rispetto alla corrente, dove l’acqua è particolarmente impetuosa e violenta, e lo travolge spesso e volentieri danneggiandolo o distruggendolo. È così che nel tempo diviene l’oggetto di innumerevoli ricostruzioni tra cui quella completa del 1552 su progetto di Michelangelo che però si rivela poco efficace dato che dopo solo cinque anni viene spazzato via da un’alluvione. O quella voluta da papa Gregorio XIII Boncompagni nel 1573, quando viene utilizzato per portare la nuova conduttura dell’Acqua Felice a Trastevere, ma un’altra violentissima piena nella notte di Natale del 1598 la distrugge, insieme a tre delle arcate.
La metà del ponte rimasta in piedi, ancorata alla riva destra, viene trasformata in giardino pensile fino alla fine del Settecento, ma la scarsa stabilità la rendono del tutto inagibile.
Nel 1853, Pio IX decise di rimetterlo in funzione con passerelle metalliche sospese, soluzione che dura fino al 1887, quando sono rimosse per la realizzazione dei muraglioni del Tevere e del più moderno e funzionale Ponte Palatino. È in questa occasione che il ponte viene privato delle due arcate più esterne e che per i romani diventa definitivamente “rotto”.
Nonostante il suo aspetto attuale, non dobbiamo dimenticare che ancora oggi continua a narrare una parte fondamentale della storia millenaria di Roma della quale è stato uno dei protagonisti più illustri.
#5 Il più romantico: Ponte Sisto
Uno sfondo da cartolina, in cui si scorge vicinissima la Cupola di San Pietro, per uno dei ponti più suggestivi e romantici di Roma. Soprattutto verso sera, potete godere di una vista mozzafiato, passeggiando mano nella mano su Ponte Sisto tra le sfumature rosa, viola e arancio dei tramonti incantevoli che solo Roma sa regalare.
Il ponte viene edificato in occasione del Giubileo del 1475, per agevolare il flusso dei pellegrini e per permettere la comunicazione diretta tra il Vaticano con il resto della città.
Al suo posto si trovava un ponte romano costruito forse da Agrippa, genero di Augusto e risalente al 12 a.C. che viene restaurato nel 147, ma che, gravemente compromesso dall’alluvione e dalla successiva esondazione del Tevere del 792, viene chiamato Ponte Rotto, ma solo fino alla completa ricostruzione per il grande Giubileo.
Due insolite lapidi apposte alle estremità del ponte, a ricordo della sua costruzione, recitano: "MCCCCLXXV. Tu che passi per merito di Sisto IV, prega il signore che ci conservi lungamente e in buona salute il pontefice ottimo massimo. Vai in pace chiunque tu sia dopo che avrai recitato questa preghiera" e poi "Sisto IV pontefice massimo, ad utilità del popolo romano e della moltitudine dei pellegrini che parteciperà al Giubileo questo ponte, che a buon diritto chiamavano ‘Rotto’, rifece dalle fondamenta con grande cura e spesa e volle che dal suo nome fosse denominato Sisto". La trascrizione dei testi delle antiche targhe, rimosse per essere preservate dalle ingiurie del tempo, sono visibili sui nuovi parapetti antistanti via Giulia.
Al centro delle quattro arcate che lo costituiscono presenta un’apertura circolare che i romani hanno simpaticamente soprannominato “Occhialone”. In realtà, si tratta di un idrometro realizzato per monitorare il livello delle acque del Tevere e che ha dato origine al curioso detto "Si a Ponte Sisto all'Occhialone ce passa l'acqua, pòi sta' sicuro che mezza Roma starà sott'acqua”.
Nel 1877, a Italia ormai unita, aumenta il flusso del traffico e aumenta anche la sezione del ponte con due passerelle metalliche sospese su mensoloni aggiunte lungo le sue fiancate. La poca resistenza dei materiali, ferro dolce e ghisa, le rendono però poco stabili e pericolose e ne viene decisa la rimozione. Se guardate i fianchi del ponte, ancora oggi potete osservarne i segni.
Uno dei capi di Ponte Sisto affaccia su piazza Trilussa, oggi fra i luoghi prediletti della nightlife capitolina per tanti giovani romani e turisti. Approfittatene per addentrarvi tra i suoi vicoli intricati e le piazze caratteristiche alla scoperta delle numerose trattorie e osterie tipiche e delle piccole botteghe di artigianato dove potete ritrovare l’atmosfera della Roma di una volta.
#6 Il più scenografico: Ponte Duca d'Aosta
Duecentoventidue metri di candido travertino di Tivoli, e una campata centrale che da sola ne misura 100, congiungono, grandiosamente, i raffinati palazzi, le ville monumentali e i prestigiosi circoli canottieri del lungotevere Flaminio con il Foro Italico, celebre complesso polisportivo di rilievo internazionale che comprende anche lo Stadio Olimpico, lo Stadio dei Marmi e lo Stadio del Tennis.
Tra le costruzioni dell’era moderna, Ponte Duca d’Aosta, opera dell’architetto Enrico Del Debbio inaugurata il 26 marzo 1939, è senza dubbio tra le più ardite ed eleganti. Nonostante le dimensioni monumentali, le sue linee essenziali e armoniose ne fanno una delle realizzazioni più grandiose e funzionali dell’architettura razionalista.
Chiamato anche Ponte del Foro Italico, Ponte Duca d’Aosta è largo 30 metri. Le sue arcate laterali poggiano sulle sponde del Tevere e servono da sfiatatoi in caso di piena e presentano ampie scalinate laterali che digradano dolcemente verso il fiume.
Gli altorilievi che decorano i pilastri marmorei ai quattro angoli del ponte riproducono scene di battaglie combattute sui fiumi Sile, Piave, Tagliamento e Isonzo e narrano le gesta leggendarie dalla 3ª Armata comandata dal Duca Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta che guidò la sanguinosa resistenza dell'esercito italiano a Caporetto.
L’area su cui oggi sorge il ponte era nota per la presenza dei "fiumaroli", personaggi singolari che davano spettacolo con ardite prove di coraggio in acqua e che frequentavano gli stabilimenti balneari in voga nell’Ottocento. Tra questi, i più celebri erano Polverini e l'Isola dei Zibibbo, una striscia di sabbia che emergeva quando le acque del Tevere erano basse, molto frequentata dagli amanti della tintarella.
#7 Il più “giovane”: Ponte della Musica - Armando Trovajoli
Armoniosamente sospeso tra il lungotevere Flaminio e lungotevere Cadorna, il Ponte della Musica - Armando Trovajoli, dedicato al celebre compositore romano, collega l'Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone di Renzo Piano e il MAXXI di Zaha Hadid con il Complesso sportivo del Foro Italico e altre straordinarie realtà legate al mondo delle Belle Arti, dello Sport e della Scienza che costituiscono il cosiddetto Miglio delle Arti. Il suggestivo rettilineo, strutturato in direzione est-ovest sulla direttrice Villa Glori – Monte Mario lungo l’asse di via Guido Reni, è il luogo ideale per passeggiare, andare in bicicletta o semplicemente godere del verde cittadino all’ombra di alcune tra le opere più innovative dell’ingegno umano.
Il ponte, inaugurato il 31 maggio 2011 è stato realizzato dallo Studio Buro Happold di Londra, vincitore del Concorso Internazionale indetto da Roma Capitale.
Progettato e realizzato per il traffico pedonale, ciclabile e per i mezzi pubblici ecologici, il ponte ha un peso complessivo di oltre 2000 tonnellate, ma le sue linee essenziali gli conferiscono un’eleganza e una sinuosità caratteristiche che si amalgamano perfettamente con le ricercate architetture della zona.
Un design minimalista e contemporaneo ottenuto anche grazie all’utilizzo di materiali come l'acciaio, il calcestruzzo, il cemento armato e il legno che conferiscono alla struttura architettonica una raffinata ariosità e leggerezza. I due archi, inclinati rispetto al piano verticale, inoltre, sono privi di collegamento orizzontale con la zona sovrastante un impalcato lungo ben 190 metri e largo 22, con i percorsi pedonali che si affacciano senza ostacoli sul fiume.
Dopo il tramonto, un’illuminazione, sapientemente studiata per esaltare al massimo le forme morbide e flessuose della struttura, veste il ponte di un’atmosfera suggestiva e commovente.