Novembre a Roma. Appuntamento con la tradizione (di ieri e di oggi) | Turismo Roma
Vivere Roma, scoprire Roma
Servizi turistici e offerta culturale
060608
Il tuo viaggio su misura

Social Block

You are here

Novembre a Roma. Appuntamento con la tradizione (di ieri e di oggi)

Isola Tiberina

Oltre che dei suoi monumenti, dei suoi palazzi e delle sue chiese, una città è fatta anche dei riflessi delle sue storie e della vita che la attraversa. Una vita che, a Roma, è sempre stata scandita da riti, feste, ricorrenze, anniversari, celebrazioni: un fitto calendario di appuntamenti fissi che, con il loro carico di tradizioni, rappresentavano un’occasione di riflessione, tanto religiosa quanto civile, di incontro, condivisione e divertimento, stagione dopo stagione.

Se alcuni, come si dice, non hanno resistito all’oblio del tempo o hanno perso parte di quel senso di perfetta meraviglia che sapevano regalare ai romani e ai tanti visitatori della città, altri godono ancora oggi di ottima salute e si sono persino arricchiti di nuovi elementi. E altri ancora, anche se nati in anni più recenti, sono ormai entrati a pieno titolo tra le “tradizioni” moderne e contemporanee della città.

Così, per vivere appieno Roma e sentirsi dentro la sua storia, mese per mese vi raccontiamo alcuni dei giorni e dei momenti speciali della città, di oggi e di ieri, gli appuntamenti più sentiti o attesi, o anche semplicemente più curiosi.

La processione dei Sacconi rossi, 2 novembre

Una lunga tonaca rossa con cappuccio a punta: da qui deriva il soprannome di “Sacconi rossi” con cui erano popolarmente conosciuti, con una certa sintesi, gli appartenenti alla “Veneranda confraternita de’ devoti di Gesù Cristo al Calvario e di Maria Santissima Addolorata in sollievo delle Anime Sante del Purgatorio”, con sede nella basilica di San Bartolomeo all’Isola. La confraternita era nata nel Settecento e tra le sue professioni di carità annoverava anche quella di ripescare gli annegati nel Tevere dando loro sepoltura. Una sepoltura dal gusto macabro tutto barocco: le ossa scarnificate venivano infatti assemblate in un “memento mori” artistico e filosofico nel cimitero sotterraneo adiacente alla basilica – un’usanza non rara in città, come mostrano la più famosa cripta dei Cappuccini a via Veneto e quella della chiesa dell’Orazione e Morte a via Giulia. Con il passare del tempo, la confraternita perse via via molti dei suoi aderenti e intorno al 1960 arrivò praticamente all’estinzione. A partire dal 1983, però, la sua eredità è stata raccolta dall’Arciconfraternita di Santa Maria dell’Orto e dai padri dell’ospedale Fatebenefratelli. Da allora, ogni 2 novembre, giorno della commemorazione dei defunti, viene celebrata al tramonto una messa nella chiesa di San Giovanni Calibita, seguita da una processione a lume di torce lungo le rive dell’isola Tiberina alla quale partecipano i membri della confraternita vestiti come da tradizione. La fiaccolata si conclude con il lancio simbolico nel Tevere di una corona di fiori in memoria delle anime degli annegati e di tutti i defunti senza nome periti in calamità naturali e guerre. Per l’occasione apre al pubblico anche il cimitero sotterraneo.

La Giornata dell’Unità Nazionale e il treno del milite ignoto, 4 novembre

È il 4 novembre 1918 quando entra in vigore l’Armistizio di Villa Giusti: la resa dell’Impero austro-ungarico significa per l’Italia la fine della Prima guerra mondiale e il compimento del processo di unificazione nazionale iniziato in epoca risorgimentale. Il prezzo pagato è però altissimo – 650mila caduti, senza contare feriti e mutilati. Tre anni dopo, un convoglio partito da Aquileia porta a Roma, al termine di una lunga e commovente marcia, la salma del milite ignoto, scelta come simbolo di tutti i caduti tra 11 bare identiche contenenti i resti di altrettanti soldati non identificati. Accolta dal re e dalla famiglia reale ed esposta al pubblico nella basilica di Santa Maria degli Angeli, il 4 novembre 1921 la salma è trasportata su un affusto di cannone a piazza Venezia e tumulata con i massimi onori militari nel sacello dell’Altare della Patria, al Vittoriano, che da allora diventerà il fulcro di tutte le solennità nazionali. E al milite ignoto rendono omaggio il Presidente della Repubblica e le massime cariche dello Stato ogni 4 novembre, in occasione delle celebrazioni di quella che oggi è la Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. Anche se non è più giorno festivo dal 1976, la data resta un punto fermo nel calendario civile italiano: oltre alla deposizione di una corona d’alloro, nel giorno della ricorrenza al Palazzo del Quirinale viene effettuato in forma solenne il Cambio della Guardia con il Reggimento Corazzieri e la Fanfara del IV Reggimento Carabinieri a cavallo in alta uniforme. Per onorare la memoria di tutti i caduti per l’Unità d’Italia e mantenerne vivo il ricordo, dal 2021, anno del centenario del milite ignoto, uno speciale convoglio attraversa inoltre il Paese per raggiungere la stazione Termini di Roma il 4 novembre: il Treno della Memoria, organizzato dal Ministero della Difesa in collaborazione con il Gruppo FS.

San Martino e il mosto, 11 novembre

In una giornata fredda e cupa del 335, l’allora soldato Martino si imbatte in un mendicante seminudo alle porte di Amiens, in Francia: taglia allora in due il suo mantello e ne regala la metà all’uomo. Narra la leggenda che a quel punto il cielo si sarebbe schiarito e la temperatura si sarebbe fatta più mite: ecco perché, in Italia, la tregua dal freddo e dal maltempo che si verifica talvolta intorno all’11 novembre (giorno in cui si festeggia il santo) viene tradizionalmente chiamata “estate di San Martino”. La festa del santo è però simbolicamente associata anche alla fine della maturazione del mosto: è il periodo in cui, come scrive Giggi Zanazzo, a Roma, nella zona dei Castelli e non solo, “s’opre la botte e s’assaggia er vino nòvo”. Un vino fresco e frizzante con il quale, tra un assaggio e l’altro, può anche capitare di ubriacarsi: non a caso, il santo vescovo di Tours è patrono anche di osti, fabbricanti di botti e forti bevitori. Tra le categorie stravaganti cui il santo è associato c’è però anche quella dei mariti ingannati, forse in riferimento agli amori adulterini di Marte (di cui Martino è il diminutivo). Organizzata dall’Arciconfraternita di San Martino, una speciale e goliardica processione si svolgeva nella Roma dell’Ottocento in occasione della memoria liturgica di San Martino: innalzando lodi al santo, i “felici cornutelli” passavano sotto un arco posto accanto al Palazzo Sciarra dei principi di Carbognano, poi demolito per l’ampliamento di via del Corso. La tradizione fornì lo spunto per una di quelle colorite espressioni del dialetto romanesco e così, per un marito superlativamente disgraziato, si usava dire che “non passa neppure per l’arco dei Carbognani”. Completamente diverso è invece lo spirito della processione che da qualche anno a questa parte si svolge per le vie del Rione Monti e del Rione Esquilino: organizzato dalla chiesa dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, la prima in città a essere intitolata a un santo non martire, un colorato corteo di lanterne illumina via Merulana fino a raggiungere Santa Maria Maggiore, in ricordo della fiaccolata in barca che accompagnò il corpo del santo da Candes-Saint-Martin fino a Tours.

Santa Caterina e i pifferai, 25 novembre

Sulla sua identità storica non ci sono certezze ma la leggenda racconta che venne trasportata dagli angeli sul monte Sinai dopo essere stata martirizzata su una ruota dentata, e poi decapitata, agli inizi del IV secolo. A Roma, due sono le chiese storiche intitolate alla santa nativa di Alessandria d’Egitto: Santa Caterina della Rota e Santa Caterina dei Funari, dove Ignazio di Loyola aveva fondato nel Cinquecento il Conservatorio di Santa Caterina della Rosa, conosciuto anche come “Compagnia delle Vergini Miserabili Pericolanti”. “Pericolanti”, perché esposte a ovvi rischi, erano nello specifico le figlie di cortigiane, donne di malcostume o in estrema povertà, che dal conservatorio uscivano per sicurezza solamente per sposarsi, monacarsi e, appunto, nella festa di Santa Caterina, il 25 novembre, con una lunga processione fino alla basilica dei Santi XII Apostoli. Ma la notorietà della santa nella Roma dei Papi era legata anche e soprattutto a una condizione “meteorologica”: per i romani, il 25 novembre segnava infatti ufficialmente l’inizio della stagione fredda. Si accendeva la legna nei camini, si tiravano fuori le coperte pesanti e per le strade della città cominciavano a diffondersi le melodie dei bbiferai, i pifferai – i pastori-musicisti tradizionalmente abruzzesi o ciociari. Avvolti nelle caratteristiche mantelle, con un cappello a pan di zucchero e le ciocie ai piedi, suonavano la novena di Natale davanti alle edicole sacre, nelle chiese e perfino nelle case, in cambio di denaro, vino e cibo. Una tradizione aspettata con trepidazione e affetto, anche se non tutti apprezzavano fino in fondo il suono di zampogne e ciaramelle sin dalle prime luci dell’alba – “è gente capace di far odiare la musica”, fu il caustico commento di Stendhal. Fatto sta che, dopo l’Unità d’Italia, un’ordinanza vietò ai pifferai di suonare in strada, nonostante le proteste dei romani e dei giornali del tempo. Fu solo una sospensione: la tradizione è ripresa, anche se in tono minore, fino ai nostri giorni.

Ti potrebbe interessare anche

Il Tevere

Il Tevere
Il Tevere

Secondo la leggenda, la storia di Roma comincia proprio da qui

Isola Tiberina

Isola Tiberina
Isola Tiberina
Monumenti
Share Condividi

Le Madonnelle di Roma

Le Madonnelle di Roma

Il fascino e le storie delle tante edicole sacre dedicate alla Vergine Maria

TAG 
Curiosità

Media gallery

Le tue utility