
La Basilica sorge sopra le rovine delle Terme Neroniane e, come riportato da alcuni documenti risalenti al X e XI secolo, è detta in platana, secondo l’antica tradizione che riferisce di un albero di platano piantato nel giardino della casa del martire Eustachio. Qui, l’imperatore Costantino avrebbe eretto un oratorio sul luogo ove il santo subì il martirio.
Nel tempo, l’edificio ha subito importanti lavori di trasformazione. Nel 1195-1196, fu completamente ricostruito e ingrandito, con l'aggiunta del campanile romanico.
Tra il XVII e il XVIII secolo, a causa delle piene del Tevere e dell’eccessiva umidità, furono abbattute le strutture medievali, tranne il campanile che è visibile ancora oggi, e la basilica fu ricostruita nella definitiva forma settecentesca.
Una leggenda medievale è legata alla testa di cervo con la croce tra le corna che sovrasta la facciata: si narra che Placido, comandante dell’esercito romano, si convertì cambiando il proprio nome in Eustachio, dopo aver avuto l’apparizione di un cervo con una croce con l’immagine di Cristo fra le corna, durante una battuta di caccia presso Tivoli.
L’interno della basilica, opera di Cesare Corvara e Antonio Canevari, è a una sola navata e ha tre cappelle per lato, decorate da tele settecentesche. In controfacciata, spiccano la vetrata raffigurante la Maddalena penitente, realizzata nell’ultimo decennio dell’800 da Gabriel e Louis Gesta di Tolosa, e il maestoso organo settecentesco.
L'altare maggiore, ricco di marmi policromi e di bronzi, è di Nicola Salvi (1739) ed è sormontato da un baldacchino a opera di Ferdinando Fuga. La tela dell’altare è di Francesco Ferdinandi e raffigura il Martirio del santo, mentre la mensa, su un’urna di porfido rosso, ne contiene le reliquie.
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