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A pranzo con la storia: la punta di vitello “alla fornara”

Palazzo Barberina, Raffaello Sanzio - La Fornarina

Un cibo “da villani”

Piatto tipico di Roma e del Lazio, ancorché meno conosciuto di altri, è considerato un rappresentante della cucina povera romana, la cucina del popolino nata attorno al mattatoio di Testaccio, fatta con le parti meno nobili degli animali scartate da papi e cardinali, nobili e potenti. Una ricetta semplice sia negli ingredienti sia nella preparazione che persino i grandi chef, però, oggi non esitano a proporre nei loro ristoranti, tanto più che, oltre a offrire sapori genuini ed essenziali, racchiude in sé il fascino di storie e leggende. A partire dal nome: si tramanda che si chiami “alla fornara” in omaggio a Margherita Luti, la figlia di un fornaio di Trastevere che Raffaello immortalò nelle sue pitture – la seducente Fornarina esposta a Palazzo Barberini, per intenderci. Più probabilmente, però, il nome è un riferimento ai tempi in cui i forni domestici erano una rarità e, se si voleva cuocere o arrostire qualcosa, si doveva ricorrere ai fornai locali.

La ricetta della rivoluzione

Il segreto delle rivoluzioni sta nell’ardire, avrebbe detto Giuditta Arquati Tavani, una delle donne che sostennero la causa dell’Unità d’Italia e della fine del potere temporale della Chiesa: a lei, e alla sua tragica fine, si deve molta della fama della ricetta nelle case e nelle osterie romane. Siamo nella seconda metà dell’Ottocento, quando la sonnolenta Roma papalina veniva scossa da tentativi di rivolte e insurrezioni. Il 25 ottobre del 1867, tre anni prima della Breccia di Porta Pia, un gruppo di patrioti romani era riunito nel lanificio Ajani su via della Lungara, a Trastevere, e preparava la rivolta in attesa dell’arrivo di Garibaldi da Monterotondo. Il tentativo venne represso nel sangue: poco prima di essere uccisa dalle baionette degli Zuavi pontifici, Giuditta, che era solita incoraggiare, spronare e sfamare i rivoltosi, aveva cucinato proprio il petto di vitella alla fornara. Il busto di Giuditta incastonato nel muro della casa sorveglia oggi il passeggio sulla strada sottostante ma possiamo onorare la sua memoria anche preparando o gustando la sua ricetta preferita.

La ricetta 

Ingredienti per 4 persone
• 1 kg circa di punta di petto di vitello
• mezzo bicchiere circa di vino bianco secco
• 2 o 3 spicchi d’aglio, salvia e rosmarino q.b. 
• olio extravergine di oliva
• sale e pepe q.b.
Preparazione
Tritate la salvia, il rosmarino e gli spicchi d’aglio, aggiungete olio, sale e pepe e massaggiate la punta di petto con il mix. Mettete la carne in una teglia e lasciatela marinare per 45 minuti almeno. Preriscaldate il forno a 200 gradi e cuocete la punta di petto per circa un’ora. Durante la cottura bagnate la carne con il vino bianco per evitare che si secchi troppo. Tagliate a fette la carne e servitela ben calda con il suo fondo di cottura.

Il piatto può essere accompagnato da patate al forno o da un’insalatina romana, una “misticanza” a base di borragine, cicorietta, rughetta e altre erbe di campo, profumate e amarognole. Un bicchiere di vino dei Castelli farà risaltare ancora di più il sapore della carne…

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