
Il New York Times celebra con un lungo articolo di David Laskin l’Acquedotto dell’Aqua Marcia. L'autore infatti ne ha seguito il percorso, sopra e sotto terra, partendo dal Parco degli Acquedotti, dove si trovano i resti delle arcate di sei degli 11 acquedotti che anticamente rifornivano la città di Roma.
L’acquedotto romano dell’Acqua Marcia era il più lungo tra quelli di Roma e il terzo in ordine cronologico. Costruito dal pretore Quinto Marcio Re nel 144 a.C., l’acquedotto si alimentava dalle sorgenti dell’Aqua Marcia nell'alta valle dell'Aniene, vicino Arsoli, godendo fin dall’antichità fama di acqua eccellente. La lunghezza dell’acquedotto era di 61,710 miglia romane, corrispondenti a poco più di 91 km; il percorso – per circa 80 km – era in parte sotterraneo, e in parte su arcate. Di quest’opera monumentale oggi restano visibili le basse arcate in alcuni tratti prossimi alla città. Nel XVI secolo lunghi tratti dell’acquedotto vennero distrutti e i suoi piloni usati come fondazione per l’Acquedotto Felice da Papa Sisto V. Le sue arcate sono ancora visibili a Tor Fiscale, al Mandrione e tra Porta Maggiore e Porta Tiburtina.
L’acqua Marcia giungeva in ben 10 regiones; il Celio e l’Aventino venivano alimentati dal rivus Herculaneus, che si staccava dal ramo principale poco prima di Porta Tiburtina e, attraverso un condotto sotterraneo arrivava Porta Capena.
