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La cicoria ripassata: il contorno perfetto

La cicoria ripassata: il contorno perfetto

I sapori della tradizione

Un piatto che rappresenta alla perfezione la cucina casalinga di Roma, fatta di sapori intensi e di ingredienti genuini che raccontano la storia del territorio.

Nato nelle cucine più umili della tradizione romana, è ancora oggi uno dei contorni più amati e diffusi – sulle tavole di casa, dove si fa apprezzare anche per la sua semplicità, e nei menu di ogni trattoria romana che si rispetti, accanto ad altri evergreen come la misticanza (il tipico mix di erbe selvatiche e verdure) o le puntarelle (che altro non sono che il cuore di una varietà di cicoria coltivata, la catalogna). Perfetta anche da sola su una fetta di pane bruschettato, la cicoria ripassata, o “strascinata”, sa sposarsi alla perfezione con tantissimi secondi di pesce e di carne, dai saltimbocca alla trippa, e ci regala una nota di sapore che rende unica ogni pietanza.

Un po’ di storia

“Me pascunt olivae, me cichorea levesque malvae”, mi bastano per nutrirmi delle olive, della cicoria, delle malve leggere, scriveva alla fine del I secolo a.C. il poeta Orazio nelle Odi. Conosciuta già nell’antico Egitto, dove veniva usata sia come alimento sia come pianta medicinale, la cicoria (nome scientifico Cichorium Intybus) ha attraversato i secoli senza perdere la sua identità, nonostante le numerosissime varietà coltivate ricavate dalla pianta selvatica e via via usate anche nella gastronomia più raffinata. Testi antichi (da Plinio il Vecchio al medico Galeno) la descrivono come efficace contro i disturbi epatici e intestinali: ricca di fibre, vitamine e sali minerali, con le sue innumerevoli proprietà (depurative, diuretiche, digestive, antinfiammatorie…) la cicoria non ha mai deluso le aspettative (alimentari e fitoterapiche), passando dalle mense dell’antica Roma agli orti dei monasteri medievali e ai giardini rinascimentali. E nel Settecento si scoprì che la sua radice, essiccata, tostata e macinata, era un passabile e salutare surrogato del caffè, ampiamente utilizzato in Italia durante l’epoca napoleonica e le due guerre mondiali.

La regina amara delle erbe spontanee

Pianta perenne e spontanea, la cicoria è stata naturalmente da sempre anche la verdura dei poveri, quella con cui sfamarsi quando l’orto non offriva altro e in tempi di ristrettezze e sacrifici. Anche se la comune cicoria coltivata è altrettanto buona, la vera cicoria romana è proprio quella di campo che spunta disordinata e frastagliata tra l’erba alta, sui bordi dei terreni coltivati o lungo i sentieri con i suoi fiori di uno splendido color indaco. Raccoglierla a mano nelle campagne e venderla al dettaglio, nella Roma di un tempo (neanche troppo lontano), era un mestiere vero e proprio, quello del cicoriaro, ormai sostituito dai banchi dei mercati rionali. Tanto nella versione spontanea che in quella coltivata, la cicoria mantiene comunque il suo fascino ruvido, la sua natura rustica e il suo profumo di terra. Il suo biglietto da visita è il gusto amarognolo, che si ama o si odia, un tratto distintivo che la differenzia da molte altre verdure a foglia. Ma il sapore può essere modulato con la cottura diventando morbido e pieno.

Ajo, ojo e peperoncino

La preparazione della cicoria ripassata non richiede che pochissimi ingredienti e passaggi: dopo essere stata pulita, lavata accuratamente e poi lessata in acqua bollente salata (ma se le foglie sono piccole e tenere è un passaggio che si può anche saltare), scolata e strizzata dell’acqua, la verdura viene ripassata in padella con abbondante olio extravergine d’oliva, aglio profumato e un pizzico di peperoncino, “strascinandola” o mescolandola spesso per farla insaporire. L’amarezza della verdura e il suo carattere deciso si fondono con la piccantezza della spezia creando un’incredibile esplosione di sapori a cui è impossibile resistere e che ci ricorda il valore della semplicità e l’importanza di preservare le tradizioni anche in cucina.

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