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I luoghi di Caravaggio

Caravaggio

Michelangelo Merisi nasce a Milano il 29 settembre 1571, giorno di San Michele Arcangelo, da Fermo Merisi e Lucia Aratori. Il padre è responsabile degli edifici di proprietà del marchese di Caravaggio, piccolo centro bergamasco di cui è originaria Lucia e da cui deriva il soprannome dell’artista.

A 13 anni lavora come garzone nella bottega di Simone Peterzano, pittore manierista e allievo di Tiziano. Non è noto con precisione quando, ma, a partire dal 1592, è documentato il suo arrivo a Roma. Per un artista del tempo è forte il richiamo della Città Eterna, sono anni di grande fermento; dal punto di vista edilizio e urbanistico, sono attivi cantieri di grandi dimensioni, come la ricostruzione delle antiche basiliche e il completamento di San Pietro. Gli ambienti che frequenta Caravaggio sono però di ambigua fama: preferisce le osterie, le bettole, i bassifondi. Nella bottega del Cavalier d’Arpino, dove “dipinge fiori e frutta”, viene notato dal cardinale Francesco del Monte, suo futuro protettore, che gli aprirà le porte dei collezionisti.

Il naturalismo presente nella Buona ventura (1593-94) e nel Giovane con canestra di frutta (1593-95) mostra che il modo di dipingere di Caravaggio è su base empirica, accentuato dall’uso dello specchio come “camera ottica”. Il cardinal del Monte lo incoraggia e lo ospita a Palazzo Madama. Nel 1600 riceve la prima grande commissione: la decorazione della cappella del cardinale Contarelli, in San Luigi dei Francesi. Realizza così le due tele laterali della cappella, il Martirio (1599-1600) e la Vocazione di San Matteo (1599-1600), e la pala d’altare, San Matteo e l’angelo (1602). Sono scene vive davanti allo spettatore, personaggi reali, al limite del prosaico, tanto da destare scandalo. Ma è nella luce la vera rivoluzione: teatrale, drammatica, simbolica. Sono gli anni del successo. Monsignor Cerasi gli commissiona due tele per la cappella di famiglia in Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di San Pietro (1600-1601) e la Conversione di San Paolo (1600-1601). A questo periodo appartengono i celebri dipinti per la famiglia Mattei: il San Giovanni Battista (1602-03) alla Pinacoteca Capitolina e la Cena in Emmaus (1601) alla National Gallery di Londra. Per la chiesa di Sant’Agostino dipinge la Madonna dei Pellegrini, destinata a suscitare scandalo per quei piedi sporchi in primo piano.

Crescono fama e successo, ma anche i problemi con la giustizia, fino a quando, nel 1606, un gioco si trasforma in un duello: Caravaggio rimane ferito, ma il rivale muore. Inizia la fuga e il processo in contumacia lo condanna a morte. Per quattro anni vaga lungo le coste del Mediterraneo, lasciando traccia di sé ad ogni passaggio: Le sette opere di misericordia (1606-07) a Napoli, la Decollazione di San Giovanni Battista (1608), l’unico dipinto firmato, a Malta, la Resurrezione di Lazzaro (1608-09), a Messina. Nel 1610 muore, solo, a un passo dalla grazia, colpito da una febbre, sulla spiaggia di Porto Ercole.

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I luoghi delle opere d'arte

Galleria Borghese
Piazzale Scipione Borghese, 5
Prenotazione obbligatoria
La collezione della Galleria, frutto della passione e del gusto del cardinale Scipione Borghese (1577- 1663), comprende ben sei opere di Caravaggio. Il Bacchino Malato (1593-94) e il Giovane con canestra di frutta (1593-95) testimoniano il periodo giovanile del pittore, quando era a bottega dal Cavalier d’Arpino, anni in cui esegue ritratti “allo specchio” e soggetti di genere. Nel primo si riconosce un autoritratto del pittore, nel secondo il giovane è rappresentato nella transitorietà del momento, come sottolineato dalla bellissima natura morta. La Madonna dei Palafrenieri (1605), viene commissionata per l’altare della Confraternita dei Palafrenieri nella cappella di Sant’Anna, in San Pietro. Viene rifiutata per mancanza di decoro e acquisita dal cardinale Scipione Borghese, che la espone nel grande salone d’ingresso. Per il cardinale-collezionista esegue il San Girolamo (1605-06), qui ritratto come erudito e non come penitente. Il Davide con la testa di Golia (1610 ca), eseguito poco prima della morte, si può leggere come una richiesta di grazia. Caravaggio è in fuga da quattro anni per l’uccisione di Ranuccio Tomassoni. La critica è ormai concorde nel riconoscere l’autoritratto dell’artista nella testa mozza del gigante. Infine il San Giovanni Battista (1610), sul cui tema Caravaggio si cimenta varie volte, è qui colto in una variante introspettiva, come sottolineano le carni magre e la cornice ombrosa del paesaggio.

Casino Ludovisi
Via Lombardia, 46
Prenotazione obbligatoria
Il Casino cinquecentesco è ciò che rimane della Villa Ludovisi, fatta costruire nel 1662 dal cardinale Ludovico Ludovisi, sugli “Horti Sallustiani”, a testimonianza degli antichi splendori. All’interno dell’edificio, nella Sala dell’Aurora, si ammira il celebre affresco a tempera del Guercino, raffigurante l’Aurora che avanza su un carro spargendo fiori. Nella piccola volta del camerino del laboratorio alchimistico è conservato l’unico dipinto a olio su muro di Caravaggio, raffigurante Giove, Nettuno e Plutone (1597 ca). Nella parte superiore è Giove con l’aquila, in basso, Nettuno, con il tridente e il cavallo marino dalle zampe palmate e, infine, Plutone, con Cerbero. A colpire lo spettatore è l’accentuato scorcio, il “sotto in su”, riconducibile alle ascendenze lombarde del pittore.

Palazzo Barberini
Via delle Quattro Fontane, 13
Il Palazzo, originariamente residenza della famiglia papale, dal 1953 è sede della Galleria Nazionale di Arte Antica insieme a Palazzo Corsini. Mentre la sede di Palazzo Corsini raccoglie una quadreria storica a sé stante, Palazzo Barberini presenta un allestimento cronologico e rappresentativo delle principali scuole pittoriche dal Duecento al Settecento. Tre sono le opere di Caravaggio qui conservate. La rappresentazione speculare di Narciso (1597-99) offre un inedito schema compositivo del mito classico, perfettamente congeniale alla storia del giovane cacciatore che si innamora della sua stessa immagine riflessa nell’acqua. Giuditta e Oloferne (1599 ca) è il  primo vero quadro di storia di Caravaggio e inaugura la fase dei forti contrasti tra luce e ombra. Dipinta per il banchiere Ottavio Costa, rappresenta una scena del Vecchio Testamento, in cui Giuditta, giovane vedova ebrea, salva il suo popolo dall’assedio nemico dell’esercito assiro. La luce mette in risalto particolari raccapriccianti dell’attimo cruciale. Oggetto nel 2000 di un importante restauro è la tela che raffigura San Francesco in meditazione (1606- 07), rinvenuta nel 1968 nella chiesa di San Pietro a Carpineto Romano. Le indagini hanno confermato l’autografia per la tela Barberini e la data di esecuzione, per alcuni studiosi, si collocherebbe intorno al 1606, quando Caravaggio, in fuga da Roma dopo l’assassinio di Ranuccio Tommasoni, si rifugia presso i feudi Colonna, vicini a quelli degli Aldobrandini, committenti dell’opera.

Galleria Doria Pamphilj
Via del Corso, 305
La Galleria, nata per volontà di papa Innocenzo X, costituisce una delle più corpose raccolte d’arte private. La maggior parte dei capolavori si concentra nei quattro bracci che si affacciano sul cortile interno e nella Sala Aldobrandini e dei Primitivi. Di Caravaggio è possibile ammirare la Maddalena penitente (1594-95), ritratta “senza decoro” - secondo lo scrittore d’arte del Seicento Giovan Pietro Bellori - in una camera spoglia, seduta su una bassa sedia e rischiarata dalla luce che proviene dall’alto. I monili abbandonati e l’unguento con cui ristora il Signore ne sono gli attributi iconografici. La stessa modella compare nella straordinaria tela raffigurante il Riposo durante la fuga in Egitto (1595-96), una delle poche scene ambientate da Caravaggio nel paesaggio e che conserva ascendenze lombardo- venete, nella luminosità diffusa e nell’atmosfera di quiete agreste della composizione. L’idillio si compone in un perfetto dialogo tra umano e divino, che anticipa il contrasto delle future opere tra luce e ombra: alla bellezza ideale dell’angelo nell’atto di suonare il violino si uniscono, da un lato, il realismo vivo del volto di Giuseppe e, dall’altro, la dolcezza della Vergine addormentata con il Bambino in braccio. Le note sullo spartito seguono un mottetto scritto nel 1519 dal compositore fiammingo Noel Bauldewijn su testo tratto dal Cantico dei Cantici, i cui primi sei versetti sono dedicati alla Madonna.

Musei Capitolini
Piazza del Campidoglio, 1
Si tratta della prima raccolta pubblica del mondo, la cui origine risale alla donazione, avvenuta nel 1471, da parte di papa Sisto IV al Popolo Romano, di un nucleo di sculture bronzee, tra cui la celebre Lupa etrusca, lo Spinario e la Testa di Costantino. Immancabile occasione per apprezzare da vicino due dipinti di Caravaggio: La buona ventura (1595) e San Giovanni Battista (1602-03). Nel primo è possibile riconoscere la mano giovanile del pittore, dove sono ancora forti le derivazioni lombarde. È una scena di vita quotidiana, in cui una giovane gitana, con il pretesto di leggere la mano a un giovane sprovveduto, gli sfila furtivamente un anello. Il San Giovanni Battista, dipinto del 1602 per Ciriaco Mattei, appassionato collezionista e figura di rilievo in quegli anni, è un chiaro omaggio al nome del figlio di Ciriaco, Giovanni Battista. La destinazione privata del dipinto contribuisce alla libertà con cui Caravaggio rende un tema sacro. Non si può negare infatti la sottile licenziosità del soggetto, che diremmo più pagano che religioso. La torsione della posa è un chiaro riferimento ai Nudi di Michelangelo nella Sistina.

Chiesa di San Luigi dei Francesi
Piazza di San Luigi de’ Francesi
Punta di diamante dell’itinerario è il ciclo dedicato alla vita di San Matteo, che Caravaggio dipinge tra 1599 e 1602 per la cappella del cardinale Mathieu Cointrel. Nel Martirio di San Matteo (1599-1600) l’episodio si svolge davanti allo spettatore nel pieno della sua drammaticità. Il santo è al centro, ferito e a terra, trattenuto dal sicario pronto a sferrare il colpo fatale. La luce irrompe improvvisa e rivelatrice, arrivando a scolpire l’urlo del chierichetto che fugge inorridito. Nell’angolo a sinistra, il volto partecipe e pietoso dell’artista fuoriesce dall’ombra. Le radiografie eseguite su questa tela mostrano che quella che vediamo è la terza versione, a conferma che Caravaggio non eseguiva  disegni  preparatori, ma schizzi a punta di pennello.
Senza ripensamenti, invece, è dipinta la Vocazione di San Matteo (1599-1600), ritratto mentre è intento a contare le gabelle. La luce orienta lo sguardo, da destra a sinistra, dal gesto di invito di Cristo fino a quello stupito di Matteo che risponde alla chiamata. È allo stesso tempo luce simbolica, come grazia divina che entra nella vita quotidiana e porta la salvezza. La pala d’altare è la seconda e definitiva versione di San Matteo e l’angelo (1602). Il motivo del rifiuto della prima, oggi perduta, è da cercare nell’eccessivo realismo e nella mancanza di decoro con cui è trattato il Santo. Nella versione  definitiva il Santo non ha l’aspetto di un contadino analfabeta, ma di un dotto, ispirato dall’angelo.

Chiesa di Sant’Agostino
Piazza Sant’Agostino, 80
Non distante dalla precedente, questa chiesa custodisce la celebre Madonna dei Pellegrini (1604-06), nata come pala d’altare dedicata alla Santa Casa di Loreto. Alla tradizionale iconografia della Madonna in volo con la casa in cui è nato Gesù, Caravaggio sostituisce la realtà dell’uscio di una casa dal muro sbreccato, a cui si affaccia la Vergine con il Bambino. Posa per questo dipinto Maddelena Antognetti (detta Lena), prostituta d’alto bordo, descritta in un processo in cui è coinvolto il pittore come la “donna di Caravaggio”. Contrasta con la bellezza dei personaggi divini il carattere popolare dei pellegrini, nei cui volti sono ritratti i committenti Cavalletti, devoti alla Madonna di Loreto. L’evidenza dei loro piedi sporchi e callosi suscita tanto scalpore tra i contemporanei di Caravaggio.

Chiesa di Santa Maria del Popolo
Piazza del Popolo, 12
Per le pareti laterali della cappella del cardinale Tiberio Cerasi nella chiesa in piazza del Popolo, esegue la Conversione di San Paolo (1600-01) e il Martirio di San Pietro (1600-01). La pala d’altare, invece, raffigurante l’Assunta, è opera di Annibale Carracci. Nel contratto è riconosciuto egregius in Urbe pictor: Caravaggio è all’apice della sua fama. Come per il ciclo di San Luigi dei Francesi, anche in queste opere si assiste al passaggio al nuovo stile giocato sui contrasti tra luce e ombra; entrambe le scene si svolgono in primo piano, emergendo dall’oscurità. Una struttura complessa, impostata sull’incrocio di più diagonali, compone il Martirio di San Pietro, nel cui volto ci sembra di riconoscere il modello di San Matteo e l’angelo appena visto. Gli aguzzini assumono l’umanità di manovali, che non agiscono in modo crudele, sono piuttosto uomini semplici colti nel compiere un lavoro faticoso. Straordinariamente innovativa per l’interpretazione iconografica è la Conversione di San Paolo: l’evento miracoloso non avviene lungo la via di Damasco, ma in una stalla al cui interno campeggia il cavallo e a terra, con le braccia spalancate, è il santo nell’atto di ricevere la luce simbolo di grazia divina.

Pinacoteca Vaticana
Musei Vaticani
Viale Vaticano
La Deposizione (1600-04 ca), commissionata per la cappella di famiglia in Santa Maria in Vallicella da Girolamo Vittrice, è ritenuta tra i capolavori del Caravaggio maturo. Nel 1797, a seguito del trattato di Tolentino, l’opera prende la volta di Parigi, dove rimarrà per circa vent’anni. Nel 1816 entra a far parte della Pinacoteca di Pio VII. Il soggetto del dipinto in realtà non è quello tradizionale, in cui Cristo viene calato nel sepolcro, ma quello in cui viene adagiato da Nicodemo e Giovanni sul letto marmoreo destinato ai riti funerari. Nel volto di Nicodemo è ritratto il committente, trovandosi così ad essere il custode del corpo di Cristo. Dietro di lui i gesti e i volti di chi è stato testimone della Passione: il gesto disperato delle braccia al cielo di Maria di Cleofa, le lacrime della Maddalena, la Vergine impietrita dal dolore, e Giovanni, che sfiora per un’ultima volta il corpo senza vita di Cristo.

Galleria Corsini
Via della Lungara, 10
È qui conservato il San Giovanni Battista (1604- 06), la cui attribuzione è stata a lungo oggetto di dibattito. Ancora una volta, l’attenzione si concentra sulla libertà di Caravaggio nel trattare un’iconografia tradizionale. Assente la tradizionale pelliccia di cammello con cui si identifica il santo, appena evidenti altri attributi, come la ciotola, riferimento al battesimo di Gesù, e la croce, quasi nascosta, al bordo del dipinto. San Giovanni è qui seminudo, senza barba, coperto dal mantello rosso. La rappresentazione di un momento di riposo durante la penitenza è resa più attuale, senza mediazioni.

I luoghi della vita

Palazzo Madama
Il palazzo, nella piazza omonima, è oggi sede del Senato. Caravaggio vive qui durante i suoi primi anni a Roma, ospitato dal Cardinale Francesco Maria del Monte (1549-1626).

Piazza Navona
La celebre piazza è il luogo dove Caravaggio, la sera del 29 luglio 1605, aggredisce e ferisce il notaio Mariano Pasqualone di Accumoli, a causa di Maddalena Antognetti, detta Lena, “donna di Caravaggio” e sua modella prediletta. Fugge a Genova per evitare l’arresto e, grazie all’intercessione di alcuni suoi potenti amici, come il cardinale del Monte, avviene una riconciliazione e Caravaggio può tornare a Roma.

Via della Pallacorda
Il nome della strada deriva dal gioco della pallacorda, considerato l’antenato dell’attuale tennis, particolarmente diffuso soprattutto in Francia. In questo campo, il 18 maggio 1606, avviene un fatto che cambia la vita di Caravaggio. Durante una partita tra il pittore e Ranuccio Tomassoni, si scatena una rissa per un fallo, anche se i contrasti tra i due sono precedenti e riguardano il denaro, le donne e la politica. Nello scontro sono feriti entrambi, ma Tomassoni muore e Caravaggio inizia la sua fuga, che lo conduce alla morte nel 1610.

Via della Maddalena
Nell’“Osteria  del  Moro”, a  via della Maddalena, Caravaggio lancia un piatto di carciofi al cameriere che lo tratta come uno qualsiasi. Alla richiesta del pittore, ormai egregius in Urbe pictor, su quali  dei carciofi siano cotti nell’olio e quali nel burro, il cameriere, in maniera sfrontata, gli risponde che se lo vuole sapere può odorarli.

Vicolo del Divino Amore
Al civico n.19 è la casa-bottega dove Caravaggio vive e lavora per circa un anno dal 1604 al 1605. Con il consenso della proprietaria, Prudenzia Bruni, smantella una parte del solaio di legno che divide i due piani, per avere lo spazio necessario a tele di grandi dimensioni, ma soprattutto la luce che “piove dall’alto”,  come nei suoi quadri. Nel 1605 viene sfrattato perché non paga l’affitto da più di sei mesi. Si vendica lanciando sassi contro le finestre della casa di Prudenzia.

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