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Tre vele verso il cielo: la chiesa del Giubileo di Meier a Tor Tre Teste

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Tre vele verso il cielo: la chiesa del Giubileo di Meier a Tor Tre Teste
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Forse non lo sapete, ma Roma è la città con più chiese al mondo. Chiesa più, chiesa meno, sono oltre 900 e rappresentano un vero e proprio catalogo di architettura. Se potessimo fare un giro ideale, chiesa per chiesa, troveremmo esempi di ogni epoca e veri e propri tesori della storia dell’arte custoditi al loro interno. Non stupisce quindi che la visita alle chiese sia un must dei turisti. Ma quali visitare?

Con una scelta così vasta è facile che ci si soffermi su quelle più celebri del centro storico. Eppure basta spostarsi in periferia per trovare edifici religiosi contemporanei altrettanto interessanti. Un esempio è la cosiddetta chiesa del Giubileo, dedicata a Dio Padre Misericordioso, progettata nel quartiere di Tor Tre Teste dall’architetto statunitense Richard Meier. Avete presente? Lo stesso che ha progettato il Museo dell’Ara Pacis, ma anche diversi importanti edifici sparsi tra America, Europa e Asia.

Ma come è arrivato un architetto del calibro di Meier nella periferia est di Roma? Tutto è iniziato negli anni Novanta quanto il Vicariato decise – in vista del Giubileo del 2000 – di bandiere un concorso internazionale per la costruzione di nuove chiese, da realizzare proprio nelle aree periferiche della città. Bando che, per la parrocchia di Tor Tre Teste, fu vinto da Richard Meier. Un’impresa non così facile, visto che per aggiudicarsi il progetto si è dovuto scontrare, a suon di disegni, con colleghi del calibro di Tadao Andō, Günter Behnisch, Santiago Calatrava, Peter Eisenman e Frank Gehry

Il suo progetto gioca con gli spazi e le forme. La chiesa ha l’aspetto di una nave con tre vele bianche sospinte dal vento. Quando Meier lo presentò al cospetto di Giovanni Paolo II, gli disse: “Le vele bianche ci condurranno verso un mondo nuovo”. Decisamente una bella definizione per una chiesa che avrebbe dovuto essere il simbolo del Giubileo e del nuovo millennio. Non a caso è situata tra via Tovaglieri e largo Terzo Millennio.

I lavori durarono circa 5 anni, dalla posa della prima pietra nel 1998 alla sua inaugurazione il 26 ottobre del 2003. Il taglio del nastro fu affidato al Cardinale Camillo Ruini, che inaugurò la nuova chiesa alla presenza dell’allora sindaco di Roma Walter Veltroni, dell’architetto Richard Meier e di altre personalità. 

Vedendo la chiesa in lontananza, colpisce l’imponenza delle vele (la maggiore misura 26 metri di altezza), la cui costruzione ha rappresentato una vera e propria sfida. Per la loro realizzazione si è fatto ricorso a pannelli prefabbricati, ognuno dei quali pesa 12 tonnellate. Nessuna gru sarebbe stata in grado di metterli in piedi, ecco perché fu necessario costruire una macchina particolare, alta 38 metri, grazie alla quale i pannelli sono stati sollevati con facilità e messi in opera in totale sicurezza.

Due le caratteristiche principali di questo edificio. Il primo è la dominanza del colore bianco, molto amato da Meier. Per lui è il colore più bello in assoluto, perché “dentro di esso si possono vedere tutti i colori dell’arcobaleno. Il biancore del bianco non è mai solo bianco; è sempre trasformato almeno dalla luce e da ciò che sta cambiando; il cielo, le nuvole, il sole e la luna”. Candore che viene mantenuto grazie a una particolare qualità di calcestruzzo autopulente, utilizzato per le vele. Vele che, a dire il vero, nel progetto di Meier erano tre conchiglie conficcate nel terreno, che venivano fuori da terra come braccia alzate e che simboleggiano la Trinità. Nate e pensate come conchiglie, sono state poi elette a vele a furor di popolo.

Altra particolarità viene dalla luce che penetra all’interno attraverso ampie vetrate che si aprono sia sulla facciata sia sulla volta. Due i momenti della giornata in cui il sole con i suoi raggi entra nella chiesa: l’alba e il tramonto, quando la luce che penetra dall’ingresso o dal presbiterio dà vita a particolari effetti. Una volta entrati si scopre come, nonostante le forme arrotondate della facciata, gli spazi all’interno siano piuttosto squadrati, forme che simbolicamente mettono insieme la dimensione divina e quella umana. Posto sopra un basso altare, dalle forme arrotondate, un Crocifisso in cartapesta dipinta del XVIII secolo.

La torre campanaria ospita sia le scale che portano al tetto sia cinque campane, diverse una dall’altra, ma in rapporto armonico tra di loro. Lo spazio esterno del sagrato è racchiuso da una recinzione, particolare che non faceva parte del progetto di Meier: lui aveva concepito la chiesa come uno spazio aperto alla comunità. Ecco allora che per potersi avvicinare alla chiesa è necessario attendere le ore in cui il grande cancello è aperto. Gli orari ufficiali di apertura sono dalle 7:30 alle 12:30 e dalle 16:00 alle 19:30, ma con un po’ di fortuna è possibile trovare la chiesa aperta anche nell’ora di pausa. Le messe invece vengono celebrate tutti i giorni alle 9:00 e alle 18:00; nei giorni festivi si svolgono altre due funzioni alle 10:00 e alle 11:30. 

Anche la Chiesa di Dio Padre Misericordioso in questo periodo deve fare i conti con le norme di prevenzione per scongiurare i contagi da COVID -19. Quindi acquasantiere rigorosamente vuote e gel igienizzante all’ingresso, entrate e uscite rigorosamente separate e organizzazione delle sedute per mantenere il giusto distanziamento tra i fedeli.

La chiesa è facilmente raggiungibile anche dal centro di Roma, basta utilizzare la Metro C da “San Giovanni” fino alla stazione “Torre Maura”, per poi proseguire con la linea Atac 556 e scendere alla fermata Tovaglie.

Ha scritto per noi Sulle Strade del Mondo
 

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Modificato da redazione 

Roma da brividi

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Roma da brividi
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Paura sui sette colli: il volto nascosto e misterioso di Roma

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Mani mozzate, magia nera, suggestioni gotiche e spiriti senza pace: tra le tante anime di Roma ce ne è anche una dark che si intravede dietro scorci incantevoli, monumenti classici e meraviglie barocche. 

Storie macabre, leggende sinistre e atmosfere inaspettatamente inquietanti di alcuni angoli della città vi faranno provare quell’inconfondibile brivido freddo lungo la schiena, non soltanto a Halloween. Siete pronti a imbarcarvi in un tour insolito e terrificante alla scoperta di sette tra i posti più spaventosi di Roma?

#1 Santa Maria dell’Orazione e Morte - “Hodie mihi, cras tibi“, vale a dire “Oggi a me, domani a te”: ci ammonisce e ci schernisce con queste parole lo scheletro alato all’ingresso della chiesa fatta costruire nel Cinquecento dalla Compagnia dell’Orazione e della Morte. Teschi, falci e clessidre ci accompagnano nella visita della chiesa ma per una vera esperienza da brividi bisogna inoltrarsi nel buio dei suoi sotterranei: la cripta è quanto resta dell’antico cimitero dove, fino all’Ottocento, la Compagnia diede sepoltura a più di 8mila morti, annegati nel Tevere, raccolti in campagna o nei luoghi più remoti della città. Il cimitero andò in gran parte distrutto quando furono innalzati i muraglioni sul Tevere ma qui “riposano” ancora ossa e scheletri, usati per realizzare decorazioni artistiche, croci, sculture e lampadari. Sistemati uno accanto all’altro, in un angolo trovano posto decine di teschi, alcuni con incisi sulla fronte l’anno di morte, la causa del decesso e il luogo del ritrovamento. 

#2 Museo delle Anime del Purgatorio - La festa celtica di Samhain, da cui deriverebbe Halloween, segnava il momento in cui il velo che divideva la terra dei vivi da quella dei morti si assottigliava, rendendo possibile l’incontro con spiriti e fantasmi. A Roma, questa atmosfera sospesa si ritrova tutto l’anno in un piccolo museo dentro la chiesa del Sacro Cuore del Suffragio. Le sue origini risalgono alla fine dell’Ottocento quando, dopo un devastante incendio, sulla parete dietro a un altare apparve l’impronta di un volto. Convinto che fosse il segno della presenza di un’anima del Purgatorio che chiedeva preghiere di suffragio, il sacerdote Victor Jouët iniziò a raccogliere in giro testimonianze simili. Ne risultò una collezione unica che lascia addosso una traccia di inquietudine: valga come esempio la fotografia che mostra una camicia con l’impronta di una mano lasciata da una madre defunta sull’abito del figlio. Siete appassionati di esoterismo? Leggete qui il nostro racconto a puntate.  

#3 Cripta dei Cappuccini - Una delle tante anime di Roma, oscura e misteriosa, nella via della Dolce Vita: nascosta nei sotterranei della chiesa di Santa Maria della Concezione, la Cripta dei Cappuccini è uno spaventoso cimitero “decorato” con le ossa di oltre 4.000 frati provenienti dall’antico cimitero dell’Ordine, raccolte tra il 1528 e il 1870. In un tripudio di macabre composizioni, teschi, femori, tibie e ossa sparse formano lampadari, clessidre, orologi, colonnine, archi e molto altro ancora, o creano nicchie e strutture che accolgono i corpi mummificati di frati vestiti con l’inconfondibile saio marrone dall’ampio cappuccio. Ognuna delle cinque cappelle che la compongono porta il nome delle ossa con cui sono stati eseguiti i decori e contiene, secondo la tradizione, terra santa trasportata dalla Palestina o da Gerusalemme. Il corpo non è che un contenitore dell’anima, siamo d’accordo, ma non vi stupite se vi verrà la pelle d’oca. 

#4 Castel Sant’Angelo - Si sa che le anime dei defunti sono solite indugiare nei luoghi che furono teatro della loro vita tormentata. Può così accadere che un posto dalla bellezza strappacuore come Castel Sant’Angelo sia amato non solo dai turisti ma anche dai fantasmi: oltre ai prigionieri delle tetre carceri del castello, lo spirito più celebre è quello di Beatrice Cenci, decapitata per parricidio nel settembre 1599 in una cupa giornata di morte e delirio, accompagnata al patibolo da urla, singhiozzi e gemiti di una folla divisa tra innocentisti e colpevolisti. Ogni anno, nella notte tra il 10 e l’11 settembre, Beatrice si aggira sul ponte con la testa sottobraccio, in cerca dell’amato fratello Bernardo. Di prima mattina, alle luci dell’alba, potreste però anche scorgere una figura avvolta in un lugubre mantello scarlatto: è Giovanni Battista Bugatti, meglio noto come Mastro Titta, il boia più famoso di Roma. Non vi basta? Scoprite qui tutte le inquiete presenze che popolano la Capitale.

#5 Torre degli Annibaldi - Nella Roma del Duecento, quando la città era nelle mani di poche grandi casate baronali, il cognato di papa Innocenzo III Pietro Annibaldi si decise a innalzare sulle rovine di un ninfeo di età repubblicana un’alta torre che mostrasse a tutti la potenza della sua famiglia. I Frangipane, che erano i suoi acerrimi nemici, la presero a male e cercarono in tutti i modi di ostacolarne la costruzione lanciando frecce e pietre dalla loro fortezza sul Colosseo. Ma invano. Severa e massiccia, costruita senza lasciare alcuno spazio alle frivolezze e alle decorazioni come si addiceva allo scopo e a quei tempi bui, la torre incute tuttora un certo timore e conserva un aspetto stranamente sinistro. Sarà forse per il macabro aneddoto che la riguarda: sulle sue mura, ai piedi della Lupa Capitolina che all’epoca era posta qui su una base di pietra a decorarne l’ingresso, venivano inchiodate le mani mozzate dei ladri sorpresi a rubare in chiesa. 

#6 Fonte di Anna Perenna - Magia nera ai Parioli: se i luoghi hanno un’anima e sanno trasmettere il ricordo degli avvenimenti passati, i resti emersi durante gli scavi per un parcheggio a piazza Euclide andrebbero presi con le molle. Le iscrizioni murate nella fonte riportano il nome di Anna Perenna, una delle più antiche e misteriose divinità del pantheon romano, festeggiata alle Idi di marzo a suon di coppe di vino. La fonte rimase in uso per ben dieci secoli, dal IV secolo a.C. al VI secolo d.C., forse proprio in virtù delle pratiche magiche che vi si svolgevano per scopi non sempre nobili. Il fango rappreso ha infatti restituito una ventina di lamine di piombo con “defixiones”, cioè maledizioni, lanciate ad amanti, mariti, congiunti e addirittura a un arbitro, oltre a un poco rassicurante pentolone di rame bruciato e a contenitori sigillati con all’interno “bamboline voodoo” infilate a testa in giù, fatte di un impasto di acqua, farina e miele. Gli appassionati del genere possono farsene un’idea al Museo Nazionale Romano presso le Terme di Diocleziano, dove sono conservati molti degli oggetti ritrovati. 

#7 Complesso del Buon Pastore - Le bizzarre costruzioni del quartiere Coppedè vi attraggono e vi inquietano? Nella Valle dei Casali, in un quartiere trafficato lontano dalle rotte turistiche, ritroverete le stesse atmosfere magiche e quell’impercettibile sensazione di spaesamento che ci coglie quando siamo proiettati in una dimensione “altra”. 12.000 metri quadri di cortili e portici di ispirazione medievale, rinascimentale e barocca: è la cittadella visionaria tirata su tra il 1929 e il 1938 da Armando Brasini come sede di una congregazione di suore. Utilizzato come ospedale e sanatorio militare, dal 1969 il complesso ospita alcuni istituti scolastici: alchimista e onirico, maledetto e affascinante, il suo architetto era morto emarginato e dimenticato solo pochi anni prima, dopo aver realizzato, tra l’altro, il monumentale e lugubre Ponte Flaminio e Villa Manzoni sulla via Cassia, i cui ruderi sono circondati da una particolare fama sulfurea. Il complesso esercita un indubbio fascino e dai suoi cancelli vedrete oggi uscire ragazzi con zaini e cartelle. Ma sarà un caso che sia stato scelto anche da Dario Argento come location di un suo film? 
 

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Santa Maria dell'Orazione e Morte - Foto FAI Fondo Ambiiente
Santa Maria dell'Orazione e Morte - Foto FAI Fondo Ambiiente
Cripta dei Cappuccini - Foto cappucciniviaveneto.it
Ritratto di Beatrice Cenci, Guido Reni (attr.) -  Foto Barberini Corsini Gallerie Nazionali
Fonte di Anna Perenna - Foto coopculture.it
Complesso del Buon Pastore - Foto @complessodelbuonpastore
Complesso del Buon Pastore - Foto @complessodelbuonpastore
Complesso del Buon Pastore, Foto Simone Egidi @complessodelbuonpastore
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