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Vignarola romana

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Vignarola romana
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Vero e proprio inno alla primavera, la vignarola è una ricetta semplice della tradizione contadina, nata come piatto povero, a base di ingredienti di stagione della campagna romana.

Il piatto è probabilmente nato nella zona di Velletri, comune dei Castelli Romani noto per i suoi estesi vigneti, grazie ai viticoltori locali che, al ritorno dalle vigne, preparavano questa pietanza con le verdure appena raccolte nell’orto: carciofi, fave, piselli, lattuga romana e cipollotto fresco.
L’origine del nome della ricetta rimanda anche ai “vignaroli”, termine dialettale romanesco per indicare gli ortolani che, secondo un’altra tradizione, cucinavano la vignarola con quello che avanzava loro dalla vendita quotidiana.  

Zuppa, antipasto, secondo piatto (vegetariano o meno, a seconda dell’utilizzo del guanciale o della pancetta) o come condimento per pasta o risotto, la vignarola è indiscutibilmente un piatto delizioso e nutriente, ottimo da consumare anche il giorno seguente.

Mancando una ricetta storica, la preparazione tradizionale arriva tramandata di generazione in generazione; oltre alle primizie primaverili, per una vignarola tipica romana, sono previsti alcuni ingredienti come la menta romana (mentuccia) e, se volete rendere più gustoso il piatto, una spolverata finale di pecorino romano.

Ecco la ricetta del Gambero Rosso:

Ingredienti (per 4 persone):

2 carciofi romaneschi (mammole) o 4 di varietà più piccola
600 g di piselli peso lordo)
600 g di fave fresche (peso lordo)
1 piccolo cespo di lattuga romana di circa 200 g
1 limone
2 cipollotti freschi
2 cucchiai d'olio extravergine d'oliva
50 g di pancetta tesa (o guanciale) in un'unica fetta  
sale e pepe

Preparazione

Mondate i carciofi scartando le foglie esterne, la punta e la scorza dura del fondo. Divideteli in due, togliete l’eventuale fieno interno e tagliateli a spicchi, lasciandoli cadere in acqua acidulata con il succo di limone.

Sgranate i piselli e le fave. Lavate la lattuga e tranciatela grossolanamente. Scaldate l’olio in un tegame e fatevi appassire i cipollotti affettati sottilmente insieme alla pancetta tagliata a dadini minuscoli.

Quando la cipolla sarà diventata trasparente, versate nel tegame carciofi, piselli e fave, mescolate e insaporite con sale e pepe. Quindi incoperchiate e lasciate cuocere dolcemente per circa dieci minuti.

A questo punto, aggiungete la lattuga e proseguite la cottura, sempre a fuoco lento per un altro quarto d’ora, fino a quando le verdure saranno tenere ma non sfatte.

Non aggiungete acqua: le verdure dovranno cuocere solo con l’acqua di vegetazione. Servite la vignarola, calda o tiepida, come secondo piatto o, in porzioni più piccole, come antipasto.

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Il Tevere

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Secondo la leggenda, la storia di Roma comincia proprio da qui

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Uomo e fiume hanno da sempre un rapporto strettissimo. Sui corsi fluviali fioriscono le civiltà, nascono e crescono le città e i commerci che ne nutrono le popolazioni.

Uno degli esempi più emblematici di questo legame è quello tra Roma e il suo fiume: il Tevere.

Secondo la leggenda, la storia di Roma comincia proprio qui, quando la cesta su cui erano stati adagiati Romolo e Remo si impiglia sulle sue sponde: il fiume li abbraccia e li protegge fino all’arrivo della Lupa, animale simbolo di Roma, che li salva e li allatta, sottraendoli alla morte. Nel 753 a.C., Romolo fonda Roma.

È grazie al Tevere, inoltre, che l’Urbe si è trasformata dal piccolo accampamento rurale della fondazione, alla potente città dell’età imperiale, alla grande metropoli che ogni anno attira milioni di turisti affascinati dalla visione suggestiva della Capitale e dei monumenti che si specchiano nelle sue acque. Scorre, infatti, a due passi da molti luoghi simbolo della città come piazza Navona, il Pantheon, il Vaticano, Castel Sant’Angelo, il Foro Boario, piazza del Popolo, il Circo Massimo, il Colosseo e via dei Fori Imperiali.

Costeggia Trastevere e Testaccio, i quartieri ideali in cui passeggiare tra i vicoli della vecchia Roma, o in cui trascorrere una serata piacevole all’insegna del buon cibo e della buona musica.
Si estende fino a Ostia Antica e a Ostia Lido, dove sfocia nel Mar Tirreno.

La sua isola, l’Isola Tiberina, unica isola urbana del Tevere, ospita uno degli ospedali più antichi della Capitale, il Fatebenefratelli, voluto da Papa Gregorio XIII nel 1585. Qui, vennero introdotte innovazioni sanitarie rivoluzionarie, come la suddivisione dei malati in reparti specializzati in una determinata patologia. L’Isola Tiberina è lunga circa 300 metri e larga circa 90, dal I secolo a.C. ha la forma di una nave, ed è collegata alla terraferma dal Ponte Cestio, risalente al 46 a. C. e dal Ponte Fabricio, edificato nel 62 a.C.

Anche i ponti, infatti, sono una delle attrazioni della città; alcuni risalgono addirittura all’epoca romana e sono ancora percorribili dopo migliaia di anni.
Oltre ai già citati Ponte Cestio e Ponte Fabricio, segnaliamo anche Ponte Sant’Angelo, l’antico Ponte Elio costruito nel 134 dall'imperatore Adriano, in seguito adornato dagli angeli di Bernini che sembrano aprirci la strada verso l’imponente Castel Sant’Angelo, e punto privilegiato da cui osservare la Basilica di San Pietro, il Ponte della Musica, il bellissimo ponte contemporaneo dedicato al compositore Armando Trovajoli, che collega l’Auditorium Parco della Musica e il Maxxi con il Complesso Sportivo del Foro Italico, e Ponte Milvio, anche conosciuto come Ponte Mollo, edificato nel I secolo a.C., oggi luogo di ritrovo serale prediletto della gioventù romana.

Le acque del Tevere attraversano placide la Città, imbrigliate dagli alti muraglioni costruiti alla fine del XIX secolo, per proteggere Roma dalle inondazioni.

Molti tratti del suo corso sono navigabili e regalano scorci irripetibili e itinerari di visita inconsueti: storia, natura e romanticismo si fondono lungo le sue sponde di rara bellezza.
Le gite in battello sono l’occasione per visitare la città da un punto di vista diverso e originale. Partendo da Ponte Sant’Angelo o da Ponte Marconi è possibile arrivare al Vaticano per godere di una vista inedita della Basilica di San Pietro o agli Scavi di Ostia Antica, al Porto di Traiano e alla Foce del Tevere a Fiumicino, per godere della bio-diversità floro-faunistica e di un patrimonio archeologico senza eguali.

Il Lungotevere è, infine, una lunga pista ciclabile che vi permette di attraversare interamente la città sotto il livello stradale e, quindi, senza traffico e incroci, e di raggiungere facilmente gli impianti sportivi del Foro Italico o i suoi parchi cittadini, Villa Doria Pamphilj, Villa Ada Savoia e Villa Borghese e il Biscotto di Caracalla, nell'area delle Terme omonime, dove completare il vostro allenamento o semplicemente concedervi qualche ora di completo relax lontano dal caos cittadino.

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Le sette fontane più curiose di Roma

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Le sette fontane più curiose di Roma
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Alla scoperta delle 7 fontane più insolite e curiose della Capitale

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"The fountains are enough to justify a trip to Rome", ovvero "Bastano le fontane per giustificare un viaggio a Roma", diceva il grande poeta romantico P. B. Shelley. Ed è vero, perché l'acqua e le fontane sono da sempre una parte importante e caratteristica del patrimonio artistico e culturale della città.

Monumentali, scenografiche o insolite, le fontane della Capitale sono oltre 2000: piccoli e grandi tesori che celano storie singolari o leggende.

Ve ne raccontiamo 7 tra le più curiose e poco conosciute.

Tutte le fontane che seguono, a eccezione della Fontana della Terrina e della Fontana della Palla di Cannone, rispettivamente di Giacomo della Porta e di Annibale Lippi, sono opera dall’architetto e scultore Pietro Lombardi. La loro edificazione faceva parte di un progetto del Comune di Roma che intendeva creare simboli urbani a ricordo degli antichi rioni e dei mestieri scomparsi, per rimpiazzare i "nasoni" in ghisa ritenuti al tempo antiestetici.

#1 Fontana dei Libri

Situata su via degli Staderari, tra il Pantheon e Piazza Navona, la Fontana dei Libri venne realizzata nel 1927. Gli Staderari erano i fabbricanti di bilance a stadere, quelle con un piatto solo e un peso contrapposto, che qui avevano le loro botteghe. La fontana, però, è legata al vecchio nome della via che originariamente si chiamava via dell'Università, in riferimento all’antico palazzo della Sapienza, sede dell’Università, poi trasferita nel Rione Trastevere. La fontana è racchiusa in una nicchia e presenta una testa di cervo – emblema del Rione Sant’Eustachio – tra quattro libri antichi collocati su due mensole laterali. L'acqua sgorga da due cannelle a forma di segnalibri e dai due tomi superiori, a simboleggiare il sapere che fluisce senza sosta dalla grandezza dei libri. Al centro della fontana si legge: S. EVSTACCHIO – R IV. Questa incisione dovrebbe corrispondere al nome e alla numerazione dei Rione, che però è sbagliata, perché il Rione Sant’Eustachio è l’VIII e non il IV.

#2 Fontana degli Artisti

Situata lungo via Margutta, nel Rione Campo Marzio, la fontana richiama la vocazione artistica dell'area che già dal 1612, anno in cui il pittore Gentileschi vi installò il suo atelier, è luogo di residenza privilegiato di pittori, scultori, scrittori e artisti di ogni nazionalità. Un insolito sovrapporsi di cavalletti, maschere, compassi e sgabelli, e un secchio che contiene pennelli e martelli da scultore di varie forme e grandezze, raffigurano il corredo dell’artista. I due mascheroni, uno triste e uno felice, invece, ne rappresentano l’umore altalenante.
L'acqua fuoriesce dai mascheroni e dagli snodi dei compassi e si raccoglie in una vasca dalla quale trabocca per essere raccolta da una grata di ferro.

#3 Fontana della Botte

Su via della Cisterna, nel cuore del Rione Trastevere, trovate questa originale fontanella che raffigura un caratello, nome che anticamente designava la botte usata per trasportare il vino. L’acqua sgorga dalla botte e viene raccolta in un tino e da due caraffe da un litro posizionate ai lati del fusto, oggetti tipici delle osterie romane. La fontana, infatti, simboleggia le numerose osterie e le trattorie che caratterizzano quest’area della città. Lo sapevate che ogni misura di vino aveva il proprio nome? Sospiro o sottovoce era il 1/10 di litro, chirichetto il 1/5 di litro, quartino il 1/4 di litro, fojetta il 1/2 litro e barzilai i 2 litri.  Quest’ultimo prendeva il nome dal politico Barzilai che a fine Ottocento, durante le campagne elettorali, offriva il vino in recipienti da 2 litri.

#4 Fontana della Pigna

A piazza San Marco, la piccola piazza adiacente a piazza Venezia, si trovava un’enorme pigna in bronzo che diede il nome al Rione che la ospitava. Quella pigna fu in seguito trasferita in Vaticano, e oggi si trova, trasformata in fontana, nel cortile omonimo dei Palazzi Vaticani. Nel 1927, l’architetto Lombardi, per ricordare l’antico simbolo del rione, creò una raffinata fontana a forma di pigna in travertino. La fontana, da cui sgorga acqua potabile a disposizione dei cittadini e dei turisti che transitano nell’area, è collocata all’ombra dei i pini e delle palme che adornano la piazza, e sullo sfondo si può ammirare la bella Basilica di San Marco. Al centro di corolle di tulipani stilizzati, si erge la pigna del Lombardi la cui acqua sgorga in numerosi zampilli che si raccolgono nelle vaschette sottostanti, a creare un continuum con il lastricato del marciapiede. Quattro colonnine marmoree ne delimitano idealmente il confine.

#5 Fontana della Palla di Cannone

Di fronte all’Accademia di Francia a Villa Medici, in uno dei luoghi più affascinanti di Roma da cui si gode una delle viste più suggestive della città, il Pincio, si trova questa fontana a base ottagonale, realizzata alla fine del Cinquecento da Annibale Lippi su incarico del Cardinale Ferdinando de’ Medici. Sulla storia della fontana circolano un paio di singolari leggende. Entrambe coinvolgono la regina Cristina di Svezia e il suo arrivo a Roma dopo la sua abdicazione per abbracciare la fede cattolica. Si narra che una mattina del 1656, Cristina si trovasse sulla terrazza di Castel Sant’Angelo e che fosse in ritardo per un appuntamento a Villa Medici con il pittore Charles Errand. Non sarebbe mai arrivata in tempo. Decise allora di bussare al portone in un modo del tutto particolare: tre cannonate dirette verso il portone di Villa Medici. Due palle andarono a vuoto, ma la terza riuscì a percorrere l’enorme distanza tra il castello e l’Accademia, riuscendo a raggiungerne il portone bronzeo. Ancora oggi, l’impronta della palla di cannone è visibile su una delle ante del portale. In un’altra versione della leggenda, un’annoiata Cristina decise di indire una battuta di caccia. Non volendo recapitare gli inviti per non aspettare la risposta che richiedeva l’andata e il ritorno di un emissario, sparò una cannonata in direzione di Villa Medici per svegliarne il proprietario. La palla del cannone venne conservata e posizionata in cima alla fontana di Trinità dei Monti che oggi, a seguito di quei curiosi avvenimenti, è conosciuta da romani e turisti come la Fontana della Palla di Cannone.

#6 Fontana delle Tiare

Anch’essa opera di Pietro Lombardi, la Fontana delle Tiare è situata in largo del Colonnato, lungo le mura del Passetto di Borgo. Un basamento tripartito in travertino accoglie tre piccole vasche semicircolari a forma di conchiglia che raccolgono l'acqua che fuoriesce dalle cannelle poste nella parte superiore delle tre coppie di chiavi di San Pietro sormontate da tre tiare papali sulle quali, a coronamento, se ne erge una quarta. Tra le chiavi sono scolpiti: lo stemma di Roma che simboleggia il potere della città; il fascio littorio che simboleggia il potere statale del tempo; lo stemma papale. Attraverso una chiara iconografia papale, la Fontana delle Tiare raffigura, inoltre, la presenza dell’autorità pontificia nel Rione Borgo che, seppur italiano, si trova a ridosso del Vaticano.

#7 Fontana della Terrina

Voluta dal pontefice Gregorio XII, porta la firma dell’architetto e scultore Giacomo Della Porta autore, tra l’altro, anche della Fontana delle Tartarughe in piazza Mattei, della Fontana del Moro e di quella del Nettuno, collocate a destra e a sinistra della celebre Fontana dei Quattro Fiumi di Bernini. Oggi si trova davanti alla Chiesa Nuova, in corso Vittorio Emanuele II, non distante da piazza Navona, ma la sua storia comincia al centro di piazza Campo de’ Fiori, dove era stata originariamente collocata nel 1595. La fontana, a forma ovale, era decorata con quattro delfini in bronzo posti sui bordi della vasca, dalle cui bocche sgorgava l’acqua dell’acquedotto Vergine. I delfini erano stati inizialmente destinati alla Fontana delle Tartarughe, ma non furono mai utilizzati. Già allora, nella piazza si svolgeva un affollato e pittoresco mercato, e la fontana si trasformò ben presto in una sorta di vasca all’aperto in cui tenere al fresco e lavare frutta e verdura. A poco servirono gli editti papali, che prevedevano addirittura per i trasgressori recidivi pene corporali. Nel 1622, l’amministrazione cittadina cercò di correre ai ripari commissionando a un artista rimasto ignoto un grosso coperchio di travertino. Nello stesso anno furono tolti anche i delfini di cui col tempo si persero le tracce. Il grosso coperchio ispirò, inevitabilmente, l’ironia dei romani che ribattezzarono la fontana “Pasticcio” e poi “Terrina”, per la sua somiglianza con una grande zuppiera. La Terrina ebbe i suoi momenti di grandissima popolarità quando, in occasione di alcune feste, dalle sue bocchette, invece dell’acqua sprizzava l’ottimo vino bianco o rosso dei Castelli. Oggi, la fontana sfugge quasi all’attenzione di chi passa nella piazza, così come la singolare iscrizione che l’anonimo realizzatore del coperchio pose quasi come filosofico memento: “Ama Dio e non fallire, fa del bene e lassa dire. MDCXXII“.

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Trippa alla romana

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Trippa alla romana
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La trippa alla romana è un piatto molto antico della cucina tipica capitolina che, per tradizione, si mangia durante il pranzo del sabato, come ancora avviene in molte trattorie di Trastevere e Testaccio.

Come la coda, la coratella, la pajata e altre frattaglie, la trippa appartiene al quinto quarto del bovino, ossia la parte meno pregiata dell’animale. Anticamente era un alimento consumato dalle famiglie più povere e, soprattutto, dai lavoratori del Mattatoio, che integravano lo stipendio con gli scarti dei tagli più pregiati.

Piatto dai sapori intensi, è stata celebrata da molti personaggi, come il poeta G. G. Belli e l’attrice Elena Fabrizi, nota come “Sora Lella”, e nel corso degli anni, si è evoluta da alimento povero a piatto nobile.

Nonostante si ricavi dalla pancia del bovino, è un alimento ricco di proteine ma povero di grassi. La tradizione romana prevede l’utilizzo di ingredienti rigorosamente freschi, di cui due assolutamente d’eccezione: il pecorino romano e la menta romana

Ecco la ricetta del Gambero Rosso:

Ingredienti (Dosi per 4 persone)

1 kg circa di trippa;
2 fette spesse di guanciale;
400 g di pomodori pelati;
1 cipolla;
1 costa di sedano;
1 carota;
1 spicchio d'aglio;
1 cucchiaio d'olio extravergine d'oliva;
menta romana;
pecorino romano grattugiato;
sale e pepe

Preparazione

La trippa si acquista normalmente già prelessata. Il metodo di lavaggio e di lessatura ne condiziona ovviamente il sapore. Per pulirla vengono usati a volte prodotti che la rendono bianchissima ma insapore; è preferibile acquistare quella grigia o scura e quindi non “candeggiata” o troppo cotta.
In questo caso, acquistate la trippa senza farvela affettare, sciacquatela e mettetela a bollire in abbondante acqua salata in ebollizione insieme a una carota affettata, una costa di sedano a pezzi, una cipolla e ad un mazzetto di prezzemolo.

Fate riprendere l’ebollizione quindi abbassate la fiamma al minimo e proseguite la cottura per circa tre quarti d’ora. Lasciatela raffreddare e nel frattempo preparate un trito con il guanciale, la cipolla, la carota, il sedano, e lo spicchio d’aglio.

Scaldate l’olio in un tegame a fondo pesante e fate appassire dolcemente il battuto mescolando spesso. Affettate la trippa a striscioline e versatela nel tegame quando il soffritto comincia a predere colore. Fate insaporire per qualche minuto mescolando quindi unite i pelati sminuzzati, salate e pepate e proseguite la cottura per circa un’ora. Durante questo tempo, mescolate spesso e unite un mestolo di brodo o acqua calda quando necessario tenendo presente che alla fine la trippa deve essere immersa in una sugo abbondante.

A cottura ultimata, versate la trippa nel piatto da portata e completate il piatto con abbondante pecorino grattuggiato e un cucchiaio di foglioline di menta sminuzzate.

 

Photo credits: Gambero Rosso Official Website

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Trippa alla romana ph. Gambero Rosso
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