Il 19 Marzo del 2021, il comune di Roma dedica la piantumazione di un albero presso il Giardino dei Giusti a Villa Pamphili a Don Giovanni Gregorini, parroco dell’unica chiesa della zona Piramide, dal 1943 al 1985, 42 anni di presenza costante nella storia del quartiere. La figura di Don Gregorini rappresenta per molti versi i caratteri della romanità (lui non romano) intesa come ferrea volontà di creare una rete solidale cittadina. Lo spettacolo scritto e interpretato da Marco Zordan, nato e cresciuto nel quartiere Piramide parte dalla memoria storica degli abitanti, dai racconti di chi lo vive da sempre, dalla sua famiglia interamente collocata nelle vie di questo rione. Dopo numerose e diverse domande infatti sul personaggio più significativo, che abbia rappresentato un baluardo nei confronti dei frequenti contrasti sociali venutosi a creare nella secolare storia di un ex quartiere operaio, una figura è emersa dai racconti degli intervistati, quella di Don Giovanni Gregorini appunto. Dopo aver raccolto testimonianze sull’attiva presenza all’interno della sezione dell’ACLI, sindacato cattolico che in quel quartiere operaio fungeva da ufficio di collocamento, fino alle estreme rinunce che Don Gregorini imponeva a se stesso a vantaggio dei disagiati del quartiere, quel quartiere che Pasolini osservava sempre dall’Osteria Al biondo Tevere, che ospitò la sua ultima cena la sera del 2 Novembre 75. Ma la storia che più ha legami con i luoghi della nostra città e che ha eletto Don Gregorini Giusto tra le Nazioni è relativa alla resistenza; storia che lui non raccontava mai e che abbiano avuto la possibilità di conoscere solo grazie al lavoro degli storici. Don Gregorini ospitò all’interno della chiesa dal 16 Ottobre 43, al marzo del 44, quando la chiesa venne bombardata, 4 famiglie di ebrei. Le donne vennero affidate alle vicine Pie Filippini in Via Caboto, ed altre alle suore di Clausura di Via Tor de Specchi, vicino al Campidoglio. Fu lui ad accompagnare al riconoscimento presso le Fosse ardeatine, la figlia di Attilio Veroli e suo figlio Michele, entrambi ospitati da lui nell’Ottobre del 43. Altra peculiarità che lega questa storia ad un luogo è che tutte le famiglie salvate, abitavano in Via Portico d’Ottavia 13, come un recente libro di Anna Foa testimonia. Ma non fu l’unico ad offrire solidarietà alle famiglie ebree del quartiere. I proprietari della Saccheria Sonnino in Via del Porto Fluviale, ad esempio costretti a scappare dopo le leggi razziali, lasciarono tutti i loro ori a Marcello Zordan, nonno paterno dell’autore. Antifascista della prima ora Marcello Zordan lavorava in nero ai mercati generali poiché solo chi aveva la tessera del partito poteva essere assunto. In seguito ad un pestaggio da parte dello squadrismo fascista perse un occhio, ma questo non gli impedì di compiere azioni notturne di sabotaggio ai binari ferroviari adiacenti a Via del Gazometro insieme ai suoi 5 fratelli emigrati dal Veneto. La storia ci narra poi che diversi luoghi religiosi di Roma vennero sfruttati per nascondere chiunque dovesse fuggire dalla furia nazista. Curioso è il caso del seminario di San Giovanni in Laterano dove travestiti da seminaristi, c’erano nascosti alcuni esponenti politici antifascisti che di lì a poco sarebbero stati la spina dorsale della repubblica Italiana, due su tutti Pietro Nenni e Ivanoe Bonomi, entrambi coinvolti nella resistenza e protagonisti dei due episodi dell’attentato di Via Rasella e della fuga di Pertini e Saragat da Regina Coeli. Uno spettacolo che unisce ed esalta tanti concetti cari allo Statuto del Comune di Roma L’aiuto reciproco tra religioni, senza barriera alcuna, la solidarietà, il riconoscimento di alcuni luoghi simbolo della nostra storia capitolina, del ricordo delle gesta di alcuni uomini che hanno segnato i destini di questa città nei momenti cruciali della sua storia. L’arte dunque che ancora una volta si fa testimonianza, rito, e sentinella di valori e giustizia.Durata:70 minuti
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Sabato 19 Luglio 2025 alle 21.30Presso il Giardino Verano
