Tra le più solenni architetture dell'Impero Romano, non possiamo non citare Porta Maggiore o Porta Prenestina, eretta nel 52 d.C. dall'imperatore Claudio al bivio delle due strade che si dirigevano a Preneste e a Labici.
In origine, la porta era la monumentalizzazione dell'Acquedotto Claudio, nel punto dove questo scavalcava la "via Labicana" e la "via Praenestina"; nel 272 d.C., fu inclusa dall'imperatore Aureliano nelle Mura Aureliane e utilizzata come porta, grazie alle arcate dell’acquedotto che assunsero l’aspetto di vero e proprio arco di trionfo.
Di poderosa architettura in opus quadratum di travertino, il maestoso passaggio ha due fornici fiancheggiati da edicole con semicolonne corinzie, aperte da archi minori e sormontati da un imponente attico, contrastante per la superficie liscia, dove - sul fronte prospiciente piazzale Labicano - sono scolpite le iscrizioni di Claudio e dei restauratori degli acquedotti, gli imperatori Vespasiano e Tito.
Sotto la porta, ancora oggi potete vedere l'antica strada originale e sugli archi le iscrizioni del tempo degli imperatori Vespasiano e Tito.
A ridosso dell'edicola centrale, si trova il sepolcro tardo-repubblicano del fornaio Eurisace e di sua moglie Atinia, rimesso in luce nel 1838.
Datato tra la fine dell’età repubblicana e i primi anni dell’età augustea (30-20 a.C.), il sepolcro sorgeva nello spazio compreso tra le vie Labicana e Prenestina che ne determinarono la pianta quadrilatera irregolare.
La struttura, parzialmente conservata, è costituita da un basamento in tufo dell’Aniene e travertino sormontato da una muratura in opera a sacco rivestita da blocchi di travertino.
Il rilievo in marmo dei due coniugi, oggi conservato nei Musei Capitolini, era collocato probabilmente nella facciata est oggi perduta a seguito dei lavori di demolizione delle torri onoriane della Porta Labicana-Prenestina. Caratteristica del monumento sono le cavità circolari, disposte nella parte superiore, che simboleggiano le impastatrici utilizzate nei forni. Tali elementi compaiono raffigurati anche nel fregio dove sono rappresentate le varie fasi della panificazione alla presenza del proprietario Eurisace e di funzionari dello Stato.
Il cognome Eurisace, di origine greca, rivela la condizione di liberto di Marco Virgilio, il quale si era arricchito con l’attività pistoria e aveva voluto lasciare memoria della sua professione nell’apparato figurativo del sepolcro. Infatti nell’iscrizione posta sul lato ovest, e ripetuta sostanzialmente uguale sui tre lati rimasti, si legge: est hoc monimentum Margei Vergilei Eurysacis pistoris redemmptoris apparet (questo è il sepolcro di Marco Virgilio Eurisace, panettiere, appaltatore di forniture pubbliche e apparitore – ossia ufficiale subalterno di un sacerdote o di un magistrato).
Le urne, che contenevano le ceneri dei defunti (delle quali una sola è stata rinvenuta, ora conservata presso il Museo Nazionale Romano), erano realizzate a forma di canestro ed erano collocate probabilmente nel lato orientale oggi perduto.
Il monumento fu successivamente inserito in una delle torri di guardia delle Mura Aureliane all’epoca di Onorio e fu riportato alla luce solo nel 1838 in occasione della demolizione delle strutture pertinenti alla Porta Labicana.
Basilica Neopitagorica di Porta Maggiore
Centrale Montemartini
Basilica di Santa Croce in Gerusalemme
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